AVVIAMENTO A FREDDO

COME RISCALDARE IL MOTORE

La partenza a freddo di un motore potrebbe sembrare il più banale degli argomenti da trattare; tuttavia, molti motociclisti utilizzano ancora tecniche “arcaiche”, che non hanno più ragione di essere messe in atto sui moderni propulsori.
Scaldare il motore correttamente, all’avviamento mattutino, rappresenta un momento importante per la vita del propulsore. Nei suoi primi istanti di funzionamento è sottoposto all’azione più stressante tra quelle che se ne faranno in seguito. La lista degli handicap “a freddo” è molto lunga: si va dalle tolleranze di accoppiamento tra gli organi meccanici a contatto (che sono diverse in assenza di dilatazione termica dei metalli), alla distribuzione disomogenea delle temperature, dalla carenza di lubrificazione, all’imperfetta carburazione...
Tanto per cominciare, diciamo che avviare il motore una volta al mese o una volta al giorno è assai diverso in termini di affaticamento; per di più, lunghi periodi d’inattività, a noi motociclisti, capitano di frequente (purtroppo!). Dopo aver arrestato il propulsore, l’olio cola lentamente per gravità verso il basso; tuttavia, ciò non rappresenta una grave insidia per chi impiega la moto con una certa frequenza. Al contrario, chi fa un uso sporadico del mezzo, risentirà maggiormente del problema legato alla non perfetta lubrificazione delle superfici metalliche. Ad aggravare la situazione, ci si mette di solito anche una certa difficoltà nella messa in moto... Ciò non giova al propulsore, perché, in questo caso, la pompa dell’olio non riesce a mettere immediatamente in circolo un’adeguata quantità di lubrificante. Appena il motore si avvierà, la portata d’olio sarà ancora insufficiente e bisognerà attendere qualche secondo prima che essa possa raggiungere valori adeguati per una corretta lubrificazione. Il lasso di tempo che deve trascorrere, dipende più dalle caratteristiche dell’olio motore e dalla temperatura dell’ambiente, che da altri fattori sui quali potremmo intervenire in qualche modo! Avviare il motore di rado non rappresenta l’unico fattore di stress aggiuntivo; anche percorrere unicamente brevi tragitti può incidere negativamente sulla longevità del propulsore. Infatti, se la temperatura dell’olio non supera mai i 100 °C, il lubrificante non riesce ad “auto-pulirsi” dai residui acidi dell’imperfetta combustione, derivante dalla partenza a freddo.
Questa lunga premessa è doverosa unicamente per sottolineare che la messa in moto, a prescindere dal metodo utilizzato per il riscaldamento, è, comunque, un importante fattore di stress, che contribuisce “all’invecchiamento” del motore! Tutto qui? Assolutamente no! Una volta avviato, osservare delle semplici regole permette di alleviare, per quanto possibile, le “naturali” sofferenze del risveglio mattutino. I principali nemici da combattere sono due ed entrambi hanno a che fare con le temperature in gioco. Il primo è l’intervallo di tempo che impiega il propulsore a raggiungere la temperatura di funzionamento ideale; il secondo, invece, riguarda l’omogeneità di distribuzione del calore durante questa fase di riscaldamento. Da una parte, quindi, c’è l’esigenza di fare in fretta, dall’altra l’imperativo di far raggiungere agli organi meccanici le temperature ottimali in modo uniforme. Queste devono essere entrambe soddisfatte, perché il calore che causa la dilatazione termica dei metalli modifica le tolleranze d’accoppiamento tra gli organi meccanici a contatto. Il gioco ideale di funzionamento tra le varie parti è determinato “a motore caldo”; pertanto, finché non si verifica questa condizione, l’attrito è maggiore del previsto e con esso l’usura. La combustione che avviene nel cilindro fa aumentare la temperatura in modo disomogeneo, non solo tra i vari organi, ma anche in zone diverse dello stesso componente. Ad esempio il pistone presenta anche differenze di 200 °C tra la parte superiore e le zone interne di quella inferiore. Allo stesso modo la parte bassa della testata, che costituisce il tetto della camera di combustione, è molto più calda di quella che la sovrasta. Per non parlare delle valvole, che tra aspirazione e scarico presentano differenze di oltre 400 °C! La dilatazione termica dei metalli è tridimensionale e modifica non solo i valori dimensionali, ma anche quelli geometrici. Il pistone, ad esempio, assume una forma diversa a freddo, rispetto a quella a caldo. Essa, di norma, è leggermente tronco-conica (con la parte superiore che ha un diametro inferiore), in modo che alla temperatura ideale il pistone possa risultare perfettamente cilindrico! Tutto ciò si rende necessario perché, se il motore fosse progettato con le tolleranze corrette, misurate a freddo, a caldo gripperebbe a causa della dilatazione termica... Anche la tenuta delle valvole, la forma del cilindro, ecc, a freddo risultano imperfette e dunque c’è l’esigenza di raggiungere la temperatura ottimale in fretta, ma anche in modo uniforme, in modo da rispettare le corrette tolleranze tra i vari organi meccanici.
Vediamo ora qual è la corretta procedura per scaldare il motore, delegando ai vari box a corredo dell’articolo il compito di entrare nei dettagli delle singole problematiche legate al funzionamento del motore a freddo.
Se la moto è dotata di starter per la partenza a freddo, esso dovrà essere disinserito appena il motore è in grado di funzionare regolarmente. Non esiste una regola precisa, ogni motore richiede un periodo più o meno lungo d’adattamento, affinché riesca a carburare correttamente: l’importante è non eccedere. Quando il propulsore riesce a girare in modo fluido senza bisogno di un arricchimento della miscela, è bene disinserire lo starter d’avviamento. Le moto dotate d’impianto d’iniezione, ovviamente, non sfruttano questo dispositivo e provvedono a dosare correttamente la miscela sulla base delle informazioni inviate dai vari sensori alla centralina elettronica di gestione motore. Per soddisfare le esigenze del propulsore, non si deve aspettare che vada in temperatura girando “al minimo”. È consigliabile attendere solo una manciata di secondi prima di mettersi in movimento, anche se “l’aria è ancora tirata” (come si dice in gergo; in realtà si dovrebbe dire “parzialmente chiusa”!). Il motivo è semplice: il motore, durante la marcia, produce più calore ed, al contempo, provvede a distribuirlo meglio! La pompa dell’acqua e quella dell’olio aumentano la loro portata ed, in questo modo, i fluidi possono asportare efficacemente il calore dalle parti più calde, distribuendolo verso quelle a temperature inferiori. Se così non fosse, il calore generato resterebbe confinato troppo a lungo solamente in alcune zone ed il riscaldamento globale diverrebbe molto più lento. Inoltre, le tolleranze risulterebbero distribuite in modo non omogeneo e quindi anche le usure sarebbero di tipo localizzato! Con la moto in marcia, però, è d’obbligo non eccedere con l’apertura del gas e dunque con il regime di rotazione del motore. L’acceleratore deve essere ruotato delicatamente ed in modo progressivo, cercando di passare immediatamente alle marce superiori e facendo girare il motore in modo fluido e senza strappi. Marce alte e bassi regimi di rotazione sono la ricetta giusta per scaldare rapidamente ed uniformemente il propulsore, evitando però incertezze e singhiozzi! La ricetta è più facile da cucinare per i motori pluricilindro raffreddati a liquido; un po’ più ostica da attuare è, invece, per i grossi mono da enduro, che sono raffreddati ad aria... e mal sopportano i bassi giri! Ad ogni modo la strategia più saggia è quella di mettersi in marcia prima possibile, rispettando quanto detto. Starà poi a voi scegliere il metodo giusto... per affrontare la rampa del garage: se la farete “a piedi” aiutando la moto a salire con la prima marcia inserita, non vi prenderemo per matti... solo noi però!
Tutto chiaro? Lo speriamo... il motore ve ne sarà grato!