LUPI E FALCHI NEL FEUDO DELL'ENDURO

Abbiamo un amico sui monti appenninici. Vive con un Falco e un Lupo. Ogni tanto, nei nostri passaggi da quelle parti lo incontriamo. Ci fermiamo volentieri a far due chiacchere con lui. Non ama le moto, ma comunque le rispetta. E noi rispettiamo lui. Gli dedichiamo una breve raccolta di poesie sul tema dell'enduro, trovate qui e là, i Lupi non sono sempre solo manette.

Mentre la stagione d' estate volge al termine, e l'autunno arriva puntuale, si rinnovano i panorami che noi vediamo tutti i sabati, con le stesse sterrate, gli stessi boschi, lo stesso caldo di calanchi e polvere che ora diventa fresco e nebbioso sfondo alle nostre cavalcate.
Forse solo i vecchi del paese e noi conosciamo così a fondo questi boschi. I nostri mezzi percorrono le strade tracciate dagli avi nella notte dei tempi, quando il pensiero era il grano da crescere, i campi da arare. L'enduro attraversa ciò che ha appassionato ed impegnato le generazioni di uomini prima di noi, a noi il compito di ascoltarli, di leggerli, di capire il nostro paesaggio.

E' l'Enduro attorno. Occhi aperti ragazzi... le emozioni, le sensazioni, la forza della natura ci circondano.

sono veramente onorato di essere entrato in questo meraviglioso gruppo, fatto di uomini che non solo divulgano e mettono a conoscenza di noi tutti il loro bagaglio di nozioni ed esperienza, ma sanno anche regalare sensazioni forti.

Oggi nel bosco,in quel tunnel tortuoso,tra le radici degli alberi,sprofondavamo tra le foglie dai variopinti colori autunnali e specchi d'acqua luccicanti. Il vento ci sfiorava, i raggi del sole penetravano con inaudita violenza per una giornata di ottobre. I tasselli sollevavano le foglie,a migliaia,lasciando dietro una larga scia,come una soffice nuvola colorata. Io non vedevo più nulla ma mi ci tuffavo dentro,la seguivo con fiducia,anche quando l'andatura era quasi forsennata; perchè questa era la scia del branco,la sua strada,e noi la seguiamo e la seguiremo sempre.

Ti è mai successo...
di mollare il gas per un attimo e poi spegnere il motore.
Restare lì, con il bosco che ti avvolge e protegge.
Scendere dalla moto e spendere il tuo tempo a guardare le piante, le foglie in terra, tra radici e ricci di castagna.
E pensare che quel bosco esiste da sempre.
Rigenerandosi in un continuo germogliare del nuovo in primavera e seccare del vecchio all'autunno inoltrato.
E se un fuoco se lo porta via, entro venti-trentanni ricresce.
Ti è mai successo di guardare il profilo di una collina e poi scendere a valle con lo sguardo.
Guardi le case distanti, le ville, le borgate e il paese in fondo.
Poi immagini come doveva essere tre o quattro secoli fa, o anche dieci, che importa.
Case di pietra e legno, campi coltivati, sentieri che attraversavano boschi vivi e accuditi da contadini che da essi ne traevano vita.
Ti è mai successo di guardare una mulattiera e pensare che lì ci passavano con i muli e portavano legna, carbone, e magari forme di formaggio nelle bisacce.
Quanta gente ci sarà passata nel corso dei secoli.
Magari ci sarà stato un ragazzo del 1550 che avrà fatto a piedi quella mulattiera per raggiungere un gruppo di case di pietra di cui facilmente oggi non c'è nemmeno traccia, e forse era per portare funghi, o legna, o per andare a trovare una ragazza da prendere in moglie.
Ti è mai successo di sentire qualcosa che esce dalla terra e dal bosco, che ti entra attraverso gli occhi e ti si innesta dentro; quella cosa che sale dalla terra, quell'odore di foglie e humus e tu che te lo respiri in silenzio.
Resti lì a svuotare la mente e a lasciare che si riempia di bosco.
E del silenzio di secoli di passi di contadini che camminavano, probabilmente, senza troppa fretta.
Il bosco che ti restituisce quella calma di allora.
Respiri ancora con gli occhi e poi rimetti in moto.
E torni ad andare.
Accarezzando il gas, senza derapare, quasi a non ferire.
Quella terra così simile ad una pelle.

Chissà se ti è mai successo...

Who am I, who are you
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Skinwalker, skinwalker

Robbie Robertson and the Red Road Ensemble
Skinwalker